Negli ultimi mesi mi è stato chiesto di curare un momento formativo sul digitale e sul suo utilizzo a lavoratori compresi tra i 18 e i 30 anni, molti dei quali sono per ovvie ragioni nativi digitali.
Non mi ritengo la persona più adatta per affrontare l'argomento.
Non amo questi strumenti per la modalità relazionale a cui danno vita e vi è anche una logica di risultato. Basta osservare quante persone mi "seguano" (Termine orribile!) e quante interazioni (Termine alquanto fuorviante) generino i miei contenuti per capire che ne so poco.
Inoltre, e non è certo un dettaglio, sono vecchio.
Ho 42 anni. Certo, sono nel pieno della mia vita lavorativa, faccio sport, leggo, dedico tempo alla famiglia e alle relazioni amicali, oltre a portare avanti molteplici interessi. Credo di essere vivo e vitale. Definirmi vecchio è forse eccessivo, ma appartengo ad un'era ormai geologica diversa se parliamo di digitale. In questa sfera del sapere si invecchia molto velocemente. I cambiamenti sono estremamente veloci e sempre più lo saranno ed io molti li ho subiti.
Partendo da questi presupposti ho fatto mio l'adagio socratico "io so di non sapere" e invece di fare docenza, chiedo ai partecipanti di erudirmi sul mondo digitale e dialogo, assumendomi il ruolo di adulto, con loro. Li ascolto, apprendo e cerco di sviluppare una sensibilità su un mondo che sento già essermi sfuggito di mano.
Quale aspetto mi ha particolarmente colpito di questo ascolto? Ho potuto constatare come vi sia un utilizzo polarizzato degli strumenti che il digitale mette a disposizione.
Una fetta di giovani adulti è in balia completa di strumenti quali i Social Network e vi trascorre anche 6, 8 o addirittura 10 ore al giorno, in una modalità di consumo molto simile alle dipendenze. Il comportamento è completamente dettato dallo strumento e non vi è la possibilità di scegliere se, quando e come fruire dei contenuti digitali.
Invece una fetta inferiore, ma non poi così limitata, di giovani adulti ha sviluppato un insieme di attenzioni, limitazioni, pensieri critici e consapevolezze, che li porta ad utilizzare gli strumenti digitali con moderazione e prudenza, intendendolo quest'ultima in senso teologico. Ovvero con la capacità di discernere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, mettendolo poi in atto.
Osservo e constato come una parte delle nuove generazioni possieda delle difese e degli anticorpi, che io non ho saputo ancora sviluppare.
Fortunatamente, però, non ho mai smesso di rimanere aperto all'apprendimento e di essere curioso. Così rimane viva per me l'occasione di imparare da chi non solo ha la fortuna di avere qualche primavera in meno, ma è più competente.
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